Rottamazione

rottamazióne s. f. [der. di rottamare]. –
1. Attività consistente nel selezionare, ricavandolo da qualsiasi struttura metallica ma spec. da autoveicoli fuori uso, il materiale metallico ancora riutilizzabile, e nell’inviarlo come rottame in fonderia.
2. Sostituzione di vecchi oggetti con altri più moderni, favorita da incentivi economici e sgravi fiscali: incentivi per chi effettuerà la r. delle auto non catalizzate.

(da Treccani.it, L’Enciclopedia italiana)

Il termine “rottamazione” entra prepotentemente alla ribalta delle cronache per l’utilizzo che ne ha fatto il candidato alle primarie del centrosinistra e primo cittadino di Firenze, Matteo Renzi.

Come dichiarato dallo stesso Renzi, il termine dovrebbe sintetizzare in maniera chiara e immediata la necessità di un radicale rinnovamento della classe dirigente politica italiana partendo proprio da quella interna al Partito Democratico. Si tratta, dunque, di una esigenza legittima e condivisibile, sulla quale esprimo una semplice perplessità: era davvero necessario ricorrere all’utilizzo di questo termine?

Francamente trovo piuttosto irrispettoso nei confronti delle sensibilità e della storia delle persone “oggetto” di rottamazione appellarsi a loro come se fossero auto usate o frigoriferi non più funzionanti. Una mancanza di rispetto che ha provocato successivamente quello spiacevole incidente del finto D’Alema investito dal camper renziano. Bene ha fatto il comitato pro Renzi a prendere le distanze dall’episodio, ma di certo tutto questo non basta e le scuse giungono tardive. In altre parole, dovevano aspettarselo.

Non entro, dunque, nel merito della questione. E’ pertinente all’argomento di questo blog limitarsi alla constatazione di come un termine sbagliato in ambito politico rischi di banalizzare una questione che, invece, va trattata con dovuta serietà, specialmente in un momento delicato come quello che stiamo attraversando in questi mesi.

L’auspicio è che prossimamente la politica italiana torni a discutere dei problemi del Paese con sobrietà e senso del dovere, ponendosi l’ambizione di elevare la qualità del dibattito politico pubblico oltre quello che è il livello del chiacchiericcio da bar, che, per carità, ha la propria legittimità, ma se legato a tale contesto e non esportato in luoghi meno propri come quelli istituzionali o come le tribune politiche televisive.

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